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«…Tra le ricchezze artistiche della nostra Basilica non va dimenticato il grandioso organo che svolge, ormai da ben tre secoli, tutta una funzione liturgica, culturale, sociale, sia tra la massa dei fedeli che affollano il tempio per le sacre funzioni, sia per gli studiosi e appassionati d’arte che ne hanno sempre apprezzato i pregi artistici, tramandati nei diversi rifacimenti, che vanno dal Gasparini, Nacchini, Callido ai Pugina. […] Il nostro non è mai venuto meno a questa nobile missione, nonostante l’immancabile deterioramento, le vicende dei tempi e i mutati gusti artistici. Le sue note hanno sempre ravvivato di fede e di religiosità i sacri resti mortali dei Santi e Martiri padovani, custoditi gelosamente nella nostra Basilica»

(dalla Presentazione del restauro del 1973).

L’Organo Maggiore della Basilica di S. Giustina, che ha dietro di sé un passato davvero notevole di interventi, migliorie e sempre maggiori integrazioni funzionali, si fa oggi erede di un patrimonio organario da rivalutare, anche alla luce dei recenti studi storici in materia.
Il primo documento che viene conservato negli archivi è quello relativo alla costruzione di un organo, nella chiesa abbaziale, nel 1493. Viene dato l’incarico a Leonardo di Salisburgo, che abitava a Padova, il quale si impegna a costruire uno strumento con soli sei registri (Tenori, Ottava, Quintadecima, Decimanona, Vigesimaseconda, Flauti) e trentotto tasti (il primo in fa1).

La documentazione in possesso non dice più nulla fino al secolo XVII, anche perché l’allora cenobio era occupato nella costruzione della Basilica e il primo organo viene mantenuto intatto. Dopo la conclusione dei lavori, avendo spostato l’altare dal fondo dell’abside dove si trovava all’attuale posizione, viene dato l’incarico  ad Ambrogio Dusi di Milano di intagliare due mostre dell’organo nel 1641 e successivamente ritoccate circa quarant’anni dopo.

A questo punto lo strumento necessitava di un intervento di ampliamento, viste le nuove dimensioni più estese della Basilica. Viene dato incarico a Eugenio Gasparini (1679-1681), di Soraw nella Lusazia inferiore, per la costruzione del nuovo organo che contemplasse le caratteristiche foniche italiane. Vengono così costruiti due strumenti ai lati del presbiterio, il primo del 1679 a destra del presbiterio, e il secondo del 1681 a sinistra. La disposizione fonica dello strumento era la seguente (secondo recenti studi):

DISPOSIZIONE FONICA ORGANO GASPARINI

I – Primo organo

“Famiglia dei Principali”
Principale di stagno 16’
Ottava 8’
Decimaquarta 4’
Decimanona 3 (2.2/3’)
Vigesimaseconda 2’
Vigesimasesta 1 1/2  (1.1/3’)
Vigesimanona 1′
Trigesimaseconda 2/3
Trigesimasesta 2?
“Famiglia di diametro largo”
Vigesimaottava 3′
Vigesimasesta 4′
XII spinosa 12′
Figaro di metallo 16′
Flauto di metallo 8′
Principale stoppo a misura grande 16′

II – Secondo organo

Principale 16’
Ottava 4’
Quintadecima 2’
Decimanona  
Vigesimaseconda  
Flauto pastorello 2/3
Flauto stoppo di canne selvatiche 8′
Trombette ottava legno 8′
Regale  

Pedale

Contrabasso 16’
Ottava basso 8’

Come si può facilmente notare, come affermava d. Giuseppe Nocilli, osb negli anni ‘70 del Novecento, «penetra nell’organaria veneziana la predilezione per i registri di mutazione di misura larga ad una sola fila di canne. Con tale caratteristica non ci troviamo di fronte ad una pura imitazione straniera, ma ad un sapiente adattamento al gusto italiano». Purtroppo, la scarsa manutenzione dello strumento, fece si che esso si è gravemente deteriorato nel giro di 40 anni dalla sua costruzione, anche forse a causa degli otto mantici che rubavano e squilibravano aria nelle condutture.

Dopo ampie diatribe (si ricorda da es. la questione dell’abbandono dell’intervento di restauro, lasciato a metà dall’organaro Michele Colbert), i monaci si rivolsero all’organaro Nacchini che, sacerdote dalmata, aveva fondato una scuola di arte organaria a Venezia. Considerato il più celebre organaro del tempo, ha ricevuto di costruire due grandiosi organi ai lati del presbiterio al posto dei Gasparini, con contratto stipulato nel 1735. In realtà, però, il progetto iniziale non contemplava particolari diversità rispetto al precedente strumento, forse perché i monaci avevano paventato la proposta di far costruire il secondo organo con altri 12 registri, portando il tutto a 40 (il ripieno dei Gasparini viene conservato e rinforzato).

Il 12 marzo 1771, Leopold e Wolfgang Amadeus Mozart, padre con figlio appena quindicenne, arrivarono a Padova. Era una delle ultime tappe del primo dei tre viaggi che compiranno in Italia, viaggio che era cominciato con la partenza da Salisburgo il 13 dicembre 1769 e che li aveva condotti lungo lo stivale a conoscere e a farsi conoscere presso l’aristocrazia ed i teatri italiani, in cerca di commissioni e di protettori. Dopo quasi un mese trascorso a Venezia, padre e figlio si imbarcarono sul Burchiello e attraverso il fiume Brenta giunsero all’approdo di Padova. Le notizie circa il loro viaggio, le conosciamo grazie alle lettere che quasi quotidianamente Leopold Mozart inviava alla moglie e alla figlia rimaste a Salisburgo; questo corpus è conservato nei manoscritti originali presso il Mozarteum di Salisburgo.

“A Padova abbiamo visto quel che era possibile vedere in un giorno, perché anche qui non abbiamo avuto pace e il Wolfgang. ha dovuto suonare in due posti. Ha ricevuto però anche una commissione, dal momento che deve comporre un oratorio per Padova, e può farlo quando ne avrà occasione. Oltre a ciò siamo andati al Santo a trovare il P: Maestro Antonio Vallotti poi il Ferrandini presso il quale lui ha pure suonato; infine ha suonato l’ottimo organo nell’incomparabile chiesa di Santa Giustina” (dalla lettera di Leopold Mozart alla moglie, 14 marzo 1771, da Vicenza)

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DISPOSIZIONE FONICA ORGANO NACCHINI

I – Prima tastiera

“Famiglia dei Principali”
Principale primo
Ottava I
Ottava II
Duodecima
Decimaquinta
Decimanona
Vigesima seconda
Vigesima sesta
Vigesimanona
Trigesima terza
Trigesima sesta
“Famiglia di diametro largo”
Cornetto bassi e soprani
Decima settima
Flauto in decima quinta
Flauto in duodecima
Voce umana e fistara
Flauto in ottava
Principale secondo

II – Seconda tastiera

Principale
Ottava
Decimaquinta
Decimanona
Vigesima seconda
Vigesima sesta
Cornetto
Flauto in decima quinta
Flauto in VIII
Voce umana
Tromboncini bassi e soprani

Pedale

Contrabbassi
Contrabbassi in Duocedima
Fagotto

Anche Gaetano Callido opera in S. Giustina; allievo prediletto di Nacchini è stato un prolifico organaro che ha costruito ben 434 organi in 60 anni di attività. Dopo aver costruito un piccolo organo per il Coro Vecchio interno al Monastero nel 1769, nel 1805 ingrandisce il piccolo organo del Nacchini in Cornu Epistolae.

Dopo la soppressione napoleonica e con il conseguente abbandono del Monastero da parte dei monaci, gli strumenti della basilica vengono sostanzialmente lasciati a sé stessi e divengono inservibili. Grazie alla donazione di un facoltoso donatore inglese e dopo il ritorno dei monaci nel 1919, viene dato l’incarico di costruire il nuovo organo alla ditta organaria Pugina di Padova. Inizialmente il progetto voleva conservare il più possibile il canneggio Gasparini, Callido e Nacchini ma, a seguito di un fulmine nel luogo in cui erano conservate le canne, la maggior parte andò perduto. Pugina quindi è stato costretto a fare un nuovo strumento quasi per intero, di tipo romantico e diviso in tre corpi posti nelle due cantorie ai lati del presbiterio, scostandosi dai precedenti strumenti. La composizione fonica del 1928 era la seguente:

DISPOSIZIONE FONICA ORGANO PUGINA

Prima tastiera

Principale 16′
Principale 8′
Ottava 4′
Duodecima 2 2/3′
Decimaquinta 2 file
Ripieno  
Dulciana 8′
Flauto 8′
Voce umana 8′
Tromba 16′
Tromba 8′
Clarone 4′
Cornetto 4 file

Seconda tastiera

Quintadena 16′
Eufonio 8′
Salicionale 8′
Flauto caminetto 4′
Fugara 4′
Voce celeste 8′
Nazardo 2 2/3′
Ottavina 2′
Oboe 8′

Terza tastiera

Bordone 16′
Principale 8′
Ottava 4′
Ripieno 5 file (ex Nacchini)
Gamba 8′
Bordone 8′
Voce umana 8′
Concerto viole 8′
Flautino 2′
Clarinetto 8′

Pedale

Contrabbasso 16′
Violone 16′
Subbasso 16′
Bombarda 16′
Basso armonico 8′
Violoncello 8′
Duodecima 5 1/2′

Infine va segnalato che nel 1931, grazie alla nuova possibilità finanziaria del Monastero e a una rinnovata consapevolezza musicale della Basilica, sempre la stessa ditta organaria Pugina ha creato un quarto corpo sonoro, posizionato sopra la Pala del Veronese, in Coro grande. Tale ardita operazione, di per sé affascinante dal punto di vista acustico e con ricadute anche per il futuro, ha permesso di aggiungere altri colori sonori da aggiungere ai tre manuali esistenti nella consolle elettrica posta in coro, con questi nuovi registri:

IV Corpo (Pala Veronese)

Principale 8′
Bordone 8′
Flauto 8′
Voci corali 8′
Viola 8′
Violini 8′

IV Corpo (Pala Veronese) del Pedale

Basso 16′
Basso 8′

Come si è segnalato nel 1974, però, «la sovrabbondanza dei registri di 16 e 8 piedi, la scarsità eccessiva dei registri di mutazione fanno sì che la morbidezza dei Principali e, in parte, dei Ripieni, non riesca a sovrastare con quella ben proporzionata e chiara nitidezza che per ben tre secoli, invece, ha risuonato sotto le acustiche volte della grandiosa Basilica». Ed è stato così che si decise di costruire, agli inizi degli anni ’70 del Novecento, il nuovo grande organo della Basilica di S. Giustina.

Bibliografia essenziale:

  • Alberto Sabatini, Sulle vestigia degli antichi organi nell’Abbazia di Santa Giustina in Padova, in “Arte Organaria” 8 (2016);
  • Massimo Bisson, Gli organi di Santa Giustina tra XV e XX secolo, in Giovanna Baldissin Molli-Francesco G.B. Trolese, ed., Magnificenza monastica a gloria di Dio. L’abbazia di Santa Giustina nel suo secolare cammino storico e artistico, Padova 2020, pp. 189-197;
  • Pio Nocilli, a cura di, L’Organo della Basilica di S. Giustina di Padova. Cenni storici e progetto di restauro, Abbazia di S. Giustina, Padova 1973 (p.m.);
  • Nella Solenne inaugurazione del nuovo grandioso organo della Basilica di Santa Giustina in Padova, Numero unico, 29 aprile 1928;
  • M. Albanese, Descrizione della Chiesa di S. Giustina di Padova e delle cose più notabili che sono in essa e nel suo Monastero, Padova 1805, pp. 32-33.

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