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Entrando nel Corridoio delle messe per la porta accanto all’altare della Pietà, adorna di due belle colonne di marmo greco, si accede al Coro Vecchio, prolungamento della Chiesa medioevale, costruito negli anni dal 1472 al 1473 col lascito di Jacopo Zocchi. Di belle proporzioni e molto luminoso, consta di due campate a pianta quasi quadrata con volta a crociera; e di una abside formata da sette lati di un dodecagono regolare. Ha conservato la disposizione primitiva: ad oriente altare e presbiterio, e, davanti, il coro.
Si notino la volta dell’abside di bell’effetto; le sue lesene pensili; sotto gli archi della navata i curiosi capitelli.

La decorazione delle volte è del sec. XV; il gran fregio a fresco attorno le pareti è del sec. XVI. Questa cappella è nobilitata da insigni opere d’arte, che ne fanno un vero museo. Il Coro ligneo è opera (1467-1477) di Francesco da Parma e Domenico da Piacenza, dei quali quasi nulla sappiamo. È opera d’intaglio e di intarsio.

Singolare l’insieme che ha elementi davvero pregevoli; vigorosa ed elegante l’opera di intaglio. Interessanti parecchi dei primi specchi, perché riproducenti edifici dell’antica Padova. Nel mezzo, il cassone per i libri corali: opera un po’ più antica del coro, del Canozzi di Lendinara. Ancora nel mezzo: tomba di Ludovico Barbo; opera di un certo effetto, in pietra d’Istria.

Nel presbiterio, a destra, statua di S. Giustina, in pietra tenera, opera probabilmente di fine sec. XIV-XV. A sinistra, arcosolio che protegge la statua giacente di Jacopo Zocchi, di Bartolomeo Bellano (1461); sopra: ambone per il Vangelo; è originale solo la parte inferiore della gocciola di sostegno, con i suoi finissimi ornati. Accanto porticina intarsiata che immette all’ambone: degli stessi autori del coro. Bel pavimento (sec. XVI) di rosso di Verona, con intarsi di marmi rari e riporti di bronzo.

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Funge provvisoriamente da altare un bel parapetto di cantoria, scolpito in legno di noce da mano maestra ha sostituito un altare, di cui sono rimasti i gradini.

I pilastri addossati alla parete sostenevano la stupenda pala, racchiusa in una nobile cornice, che Girolamo Romanino dipinse per questo luogo (1513-14), e che nel 1866 un commissario regio tolse a forza contro i diritti e le proteste della Fabbriceria.

Oggi è al Museo Civico sempre in attesa di tornare al suo posto d’origine.

Sulla parete: bellissimo Crocifisso ligneo, d’ignoto autore del sec. XV.

L’antico e pregiato arredo ligneo, il coro e il cassone centrale sono protagonisti dell’aula; meno vistose, ma assai interes-santi sono le due lastre tombali figurate collocate a pavimento.

L’opera di un valente e ignoto artista-artigiano del XV secolo si fa ammirare al centro della seconda campata, quando fu riposizionata nel 1946. La figura di Ludovico Barbo (1381-1443), abate e poi vescovo di Treviso, giace distesa e in rilievo entro un’edicola gotica a forma di arco trilobato sorretto da esili colonnine scanalate a spirale. Vi si legge la cura per i dettagli che sottolineano la dignità vescovile, quali la mitria poggiante sul cuscino trapunto in un diagonale con fiori quadrilobati, l’ampia casula ricamata, il pastorale a ricciolo, il manipolo al polso, le mani adorne di anelli. Il perimetro è decorato dal tralcio ondulato di vite di marmo rosso di Verona che fa risaltare quello più chiaro della lastra. L’epitaffio elogia le virtù umane, l’operato monastico ed in particolare, la riforma monastica e la partecipazione al Concilio di Basilea (1431 – 1449) in difesa dell’indiscusso primato dell’Autorità papale.

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